(pedagogia) Illuminismo ed empirismo

 

1. Nuove pratiche educative 

Una nuova idea della mente umana

Nel Settecento, l'Illuminismo portò a una nuova concezione della mente umana. Filosofo come John Locke e David Hume affermarono che la conoscenza non è innata, ma deriva dall’esperienza sensibile. La mente, considerata come una "tabula rasa", si forma attraverso l’interazione con l’ambiente. Questa visione empirista contrapponeva l’idea tradizionale che l’uomo nascesse con conoscenze già preimpostate, come quella di Dio.

Il contributo degli studi medici

Gli studi medici del XVIII secolo, condotti da scienziati come Tissot e Boerhaave, contribuirono notevolmente a migliorare la comprensione dei processi cognitivi umani. Per la prima volta si riconobbe la differenza tra adulti e bambini, con l'infanzia vista come una fase di apprendimento, caratterizzata dalla capacità di assorbire facilmente nuovi stimoli.

Tutelare la salute dei bambini

Con il riconoscimento dell'importanza dell'infanzia per lo sviluppo cognitivo, emerse la necessità di tutelare la salute dei bambini, una condizione fondamentale per la loro sopravvivenza, vista la alta mortalità infantile del tempo. L’infanzia divenne una fase riconosciuta e valorizzata, non più come un'età debole, ma come un periodo cruciale per la formazione dell’individuo.

L'educazione intellettuale

Le nuove teorie sull’apprendimento portarono a una riflessione sull'educazione intellettuale, che nel Settecento si concentrava soprattutto sulle materie umanistiche, come il latino, la grammatica e la retorica. Nonostante la crescente importanza delle scienze, l'educazione rimase per molto tempo dominata dal pensiero religioso, che influenzava sia i metodi che i contenuti scolastici.

Il latino materia obbligatoria

Il latino continuò ad essere la lingua principale nell'insegnamento, soprattutto nelle scuole superiori. Le difficoltà dell’educazione primaria, ancora legata alla tradizione del latino, erano evidenti, poiché molti bambini parlavano solo dialetto e dovevano affrontare una complessa traduzione tra le lingue. Il latino era inoltre considerato essenziale per l'accesso alla cultura, nonostante la crescente pressione per modernizzare i programmi scolastici.


2. Locke e la società inglese tra Seicento e Settecento

Vita e opere

John Locke (1632-1704) è uno dei filosofi più influenti del Seicento e ha avuto un impatto duraturo sul pensiero moderno. Nato in una famiglia puritana, studiò a Oxford, dove approfondì la filosofia, la medicina e le scienze naturali. Lavorò come segretario e precettore del conte di Shaftesbury e fu coinvolto attivamente nella politica durante la Gloriosa Rivoluzione del 1688. Locke, sostenitore della monarchia costituzionale e della libertà di pensiero, scrisse opere che spaziano dalla filosofia politica alla teoria dell'educazione, influenzando profondamente il pensiero dell'Illuminismo.

Esperienza, utilità, tolleranza

Locke è uno dei principali esponenti dell’empirismo, una corrente filosofica che nega l'esistenza delle idee innate. Sosteneva che tutta la conoscenza deriva dall’esperienza sensoriale e dall’interazione con il mondo esterno. In campo religioso, promuoveva la tolleranza religiosa, sostenendo la libertà di pensiero, ma escludeva i cattolici, considerandoli nemici politici in un'Inghilterra protestante. Locke favoriva la ragione come guida per l’individuo e la società, sostenendo che la conoscenza deve essere utile, pratica e costruttiva.

I contenuti dei Pensieri sull'educazione

Nel 1693, Locke pubblicò i suoi Pensieri sull'educazione, un testo che divenne fondamentale per la pedagogia del suo tempo. Tra i temi principali:

  • Critica al latino e al greco: Locke contestava lo studio teorico delle lingue classiche, che riteneva inutili senza la comprensione dei valori che esse esprimevano.
  • Metodologia dell'insegnamento delle lingue: Locke preferiva un approccio pratico, dove le lingue venissero apprese attraverso l'esperienza piuttosto che con lo studio puramente grammaticale.
  • Importanza delle scienze pratiche: Locke promuoveva l’insegnamento delle scienze naturali, della geografia e delle matematiche come elementi essenziali di un'educazione moderna e utile.
  • Educazione morale e etica: L’educazione non doveva limitarsi alla trasmissione di conoscenze teoriche, ma doveva formare il carattere del giovane, insegnando virtù morali e pratiche attraverso l'esempio.

3. La formazione del gentleman

Formare il carattere

Il cuore del progetto educativo di Locke era la formazione del carattere. Per lui, l’obiettivo principale dell'educazione era formare l’individuo come un uomo di buon carattere, capace di autocontrollo, saggezza e buone maniere. La famiglia e il precettore erano i principali luoghi di trasmissione di queste virtù, non la scuola. Locke insisteva sull’importanza di insegnare al giovane a governare le proprie passioni e a comportarsi correttamente nella società. Il modello educativo che proponeva era pragmatico e realista, puntando a formare individui che sapessero agire autonomamente e in modo etico, attraverso il buon esempio e la ragione.

Una pedagogia pragmatica

Locke si inserisce in un movimento educativo che promuove un approccio pratico e realista all'educazione. La pedagogia pragmatica che proponeva non si fondava su teorie astratte, ma su pratiche che favorivano l’esperienza e la riflessione diretta. Egli rifiutava l'uso di punizioni fisiche e preferiva l’uso di lodi e rimproveri per guidare il comportamento del giovane. Il ruolo dell’educatore era quello di guidare l’allievo con discrezione e pazienza, rispettando la sua individualità e promuovendo l’autocontrollo. Locke pensava che solo attraverso il self-control e la pratica diretta si potesse ottenere un comportamento virtuoso.

Alla fine della sua vita, Locke si occupò anche dell'educazione dei bambini poveri, proponendo l'apertura di scuole di lavoro presso le chiese, dove i bambini imparassero mestieri utili e principi religiosi.



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